“I creatori dell’Egitto Eterno: scribi, artigiani e operai al servizio del faraone”
Dal 22 dicembre 2022 al 07 maggio 2023, chi varcherà la soglia della Basilica Palladiana di Vicenza sarà catapultato nella Tebe egiziana del Nuovo Regno, circa 1500 anni prima della nascita di Cristo.
La mostra “I creatori dell’Egitto Eterno: scribi, artigiani e operai al servizio del faraone” è curata da Corinna Rossi, Cédric Gobeil e Paolo Marini con il coordinamento di Christian Greco, direttore del Museo Egizio di Torino. E proprio dal capoluogo piemontese arrivano i pezzi in esposizione: oltre 180 tra papiri, tombe, sarcofagi, ostrakoa e oggetti di uso quotidiano, a cui vanno aggiunti 20 reperti provenienti dal Louvre.
Il visitatore che entra nel salone della Basilica Palladiana è accolto da uno spazio in penombra, dove la vista riesce faticosamente a farsi strada fino ad intravvedere la struttura del “Cubo”, un insieme di pannelli neri modulari componibili che vengono utilizzati per le varie mostre in modo sempre diverso, evitando l’enorme spreco economico e materiale di disfarsi dei singoli allestimenti al termine di ogni esposizione. Un sistema virtuoso che ha permesso al Comune di Vicenza di risparmiare notevolmente negli ultimi anni e che si richiude, appunto, a cubo quando il salone non accoglie nessuna mostra, permettendo di ammirare la struttura architettonica della Basilica.
Ma che taglio si può dare ad una mostra sull’Antico Egitto allestita in un salone del XVI secolo?
I curatori hanno pensato di creare un continuum ideale con l’ultima esposizione ospitata in Basilica l’anno scorso (“La Fabbrica del Rinascimento. Processi creativi, mercato e produzione a Vicenza, n.d.r.), che si soffermava sulle maestranze (architetti, pittori, scultori, etc…) che cambiarono radicalmente il volto di Vicenza nella seconda metà del XVI secolo.
Ecco quindi che, anche in questo caso, il filo conduttore sarà l’attività produttiva di operai, pittori, scalpellini al servizio del Faraone per costruire la Valle dei Re e delle Regine, rendendo immortali i loro sovrani.
Grazie ad un video collocato in ingresso, il visitatore compie un salto temporale e spaziale dalla Vicenza di oggi al villaggio di Deir El- Medina del XVI secolo avanti Cristo.
Enormi striscioni con scritte in geroglifico pendono idealmente dal tetto ligneo a carena di nave rovesciata della Basilica Palladiana e fungono da segnalibri giganti che ci permettono di dividere verticalmente gli spazi e i temi dell’esposizione.
Si inizia dalla religiosità degli uomini e donne che abitavano a Deir- El- Medina, un vero e proprio villaggio operaio dove vivevano 120 famiglie. Ebbene, in quali dèi credevano queste persone? Quali erano le loro paure? Che rapporto avevano con il divino? Per rispondere a queste domande, ci vengono in aiuto le statue colossali in granito del tempio di Karnak.
Proseguendo, un’installazione multimediale ci conduce nel villaggio di Deir-el- Medina, una città operaia ante litteram, dove tutte le strutture abitative erano uguali e i dipendenti, non schiavi ma lavoratori stipendiati dal Faraone, vivevano con le loro famiglie. Gente molto colta (il 40% di loro era alfabetizzato, contro il 2% medio dell’Egitto in quegli anni) che, per nostra fortuna, ha lasciato molte testimonianze scritte.
In questa sezione è possibile entrare in contatto con gli strumenti di lavoro degli operai: mazzette, punteruoli, tavolozze da pittore, lampade ad olio per illuminare le pareti nella parte più interna delle tombe. Una vita trascorsa nel ventre della montagna, al buio, per condurre il Faraone verso la luce.
L’ultima parte della mostra è dedicata alla Città dei Morti, qui sono alloggiati sarcofagi di varia foggia e la mummia di TA-RIRI, una signora vissuta nel VII secolo a.C. Quando vi troverete davanti al suo corpo, tenete a mente le parole di Christian Greco:
Non dimentichiamo che di fronte a noi abbiamo una persona e la dobbiamo trattare con il dovuto rispetto, capendo quale era stato il costo e l’energia profusa perché il suo corpo potesse essere preservato per sempre. Noi oggi possiamo ancora fare qualcosa per lei: se ci ricorderemo il nome TA-RIRI [proviamo a ripeterlo insieme: TA-RIRI] faremo in modo che lei non venga dimenticata e che il suo nome venga pronunciato, come ci dice un inno tebano, nelle labbra di tutti i bambini del villaggio e poi ancora e ancora, di modo che questa donna viva per sempre”.
Se volete essere accompagnati nella scoperta dell’antica Deir el- Medina, non esitate a contattarmi: sarò felice di intraprendere con voi questo viaggio nel tempo. 🙂
Info: chiara.pesavento77@gmail.com