Cercate botti in legno?

Nel vicentino vive uno degli ultimi mastri bottai d’Italia

Quando mi sono trasferita a Quinto Vicentino, 13 anni fa, non immaginavo che questo comune fosse così ricco di storia e tradizioni.

Villa Thiene a Quinto Vicentino (A. Palladio)

Certo, conoscevo la palladiana villa Thiene, ma pensavo che non ci fosse nient’altro di interessante. Invece, con il passare del tempo, scopro che a Lanzè, frazione di Quinto Vicentino, è ancora attivo uno dei mulini più antichi d’Italia, già funzionante dal 1453 e oggi gestito dai fratelli Farina.

Poi, qualche tempo fa, quasi per caso, vengo a sapere che a poche centinaia di metri da casa mia vive e lavora un mastro bottaio. Un mestiere che profuma di antico, oggi custodito nelle sapienti mani del signor Bruno Arcaro, classe 1941, mastro bottaio di terza generazione.

Il mulino dei fratelli Farina a Lanzè

Infatti, fu il nonno del signor Bruno che per primo si dedicò a questo mestiere agli inizi del secolo scorso. Originario di Bari, il nonno paterno Luciano si sposò con Caterina Masetto, apprezzata insegnante nelle scuole elementari di Quinto per ben 40 anni. Luciano Arcaro inizia la sua attività artigianale dedicandosi alla fabbricazione di mastèi, il classico secchio di legno che all’epoca tutti avevano in casa perché fondamentale nella vita quotidiana: per fare il bucato, per lavarsi, per immergere i piedi nell’acqua e sale trovando sollievo dopo una dura giornata di lavoro nei campi.

Per presto l’attività si estese alla fabbricazione di botti di legno e tinelli per far fermentare l’uva. All’epoca tutti in zona avevano vigne, quindi l’attività di Luciano di rivelò fondamentale. Il figlio di Luciano, Guglielmo, seguì le orme paterne, così come Bruno e i suoi tre fratelli maschi, tutti avviati al mestiere del nonno e del padre. Purtroppo, a causa di problemi di salute o morti premature, il signor Bruno si trovò da solo a gestire l’attività di famiglia.

Il signor Bruno Arcaro nel suo laboratorio (Photo by Michele Rossato)

Nel laboratorio l’aria profuma di legno appena tagliato. A quasi 78 anni, Bruno non si concede troppo riposo, le botti non possono aspettare.

Ma quanto può durare una botte?

La vita media è di 70-80 anni- spiega Bruno– fa in tempo a morire un uomo prima che una delle mie botti sia da buttare”.

Gli chiedo, ingenuamente, perché le botti di legno sono migliori di quelle in acciaio. Ribatte: “Le rispondo con una metafora: secondo lei dove avvolgerebbe una mamma il suo bambino appena nato? Lo metterebbe nella bambagia o in un panno di dura canapa?”

La risposta è scontata.

mastèi nel laboratorio del signor Arcaro

Certo”- continua– “l’acciaio ha il vantaggio di essere più pratico nel momento del lavaggio, ma il prodotto ne risente. Il legno poi, è assolutamente obbligatorio nel caso dei distillati invecchiati: grappa, brandy, cognac, whisky ma anche per l’aceto balsamico”

Il signor Bruno usa rovere Slavonia e Ungherese, il migliore per la produzione di botti. Peccato che un mestiere così interessante non incontri l’interesse dei giovani. Bruno si dice deluso: ha provato varie volte ad avviare i giovani al suo lavoro, ma sempre con scarsi risultati.

Botte ovale realizzata dal signor Arcaro

Poi dice una cosa che mi colpisce: “E’ colpa nostra, li facciamo studiare e perdono totalmente la voglia di lavorare con le mani”.

Forse non ha tutti i torti. E’ chiaro che lo studio ci vuole, ma il sapere dovrebbe sempre essere abbinato all’attività manuale e creativa.

Gli chiedo quanti artigiani con la sua esperienza sono rimasti in Italia. Mi dice che, per quanto ne sa lui, sono tre in nord Italia e pochi altri al sud.

Un vero peccato, considerata la tradizione vitivinicola del nostro paese.

Oggi la richiesta di botti di legno si è estesa all’arredamento e al design.

Le possibilità di lavoro ci sarebbero, speriamo che qualcuno raccolga l’eredità del signor Bruno.

P.s.: Vorrei ringraziare Michele Rossato, che mi ha fatto conoscere il nostro mastro bottaio.

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