Dante Alighieri e le donne

Quando si parla di Dante, viene spontaneo associargli un’unica figura femminile: LA donna per eccellenza, colei che ha ispirato gran parte della sua produzione letteraria.
Avete capito di chi sto parlando, vero? Esatto, di Beatrice Portinari.
Ma cerchiamo di andare più a fondo e di indagare nella vita privata del Sommo Poeta. L’universo femminile in cui si muoveva Dante, infatti, era molto più variegato e composto da una rosa di donne molto diverse tra di loro: dalla madre Bella alla matrigna Lapa, dalla moglie Gemma alla figlia Antonia.
Ma che ruolo hanno avuto queste donne nella vita di Dante? Se la cosa vi incuriosisce mettetevi comodi e prendetevi una manciata di minuti per leggere questo articolo.
Le donne di Dante Alighieri: la madre Bella
Il padre di Dante, Alighiero Alighieri, si sposò due volte: la prima volta con Gabriella detta Bella, la seconda con Lapa, figlia del mercante Chiarissimo Cialuffi.
Dante non parlò mai della sua infanzia e non accennò nemmeno alla morte della madre, avvenuta quando lui aveva circa otto anni. Poco dopo, perderà anche il padre.
Non sappiamo nulla del Dante bambino, ma la cosa non ci deve stupire: i canoni della letteratura medievale vietavano di raccontare le esperienze infantili o i ricordi legati a quell’età. Per lo stesso motivo, Dante non accenna mai al rapporto con la madre, della quale abbiamo pochissime informazioni. Probabilmente era figlia del giudice Durante degli Abati, membro di un’importante famiglia ghibellina residente nel quartiere di Porta San Pietro, lo stesso di Dante.
Come sappiamo, Dante proveniva da una famiglia guelfa, ma non era raro combinare matrimoni tra fazioni rivali per cercare di smorzare le contese politiche. Una curiosità: il nome Dante è il diminutivo di Durante, quindi il bambino sarebbe stato chiamato con lo stesso nome del nonno materno.
Le donne di Dante Alighieri: la sorella Tana
Bella e Alighiero concepirono tre figli: Gaetana detta Tana, una seconda figlia della quale non conosciamo nulla, nemmeno il nome, e Dante.
Tana, la primogenita, nacque intorno al 1260 e sposò un ricco mercante, il ghibellino Lapo Riccomanni. Questo matrimonio segnò un momento importante nella vita di Dante perché la famiglia del cognato, assieme alla famiglia d’origine della moglie Gemma Donati, rappresenteranno una vera e proprio ancora di salvezza per il poeta durante i lunghi anni dell’esilio. Saranno infatti le famiglie dei Donati e dei Riccomanni a tutelare e gestire il patrimonio di Dante durante la sua assenza e a provvedere al sostentamento di Gemma e dei figli.
Quando Bella morì, possiamo immaginare che sia stata proprio Tana, all’epoca tredicenne, a prendersi cura di Dante bambino.
Le donne di Dante Alighieri: la moglie Gemma

Il 09 febbraio 1277, quando Dante aveva circa dodici anni, venne sottoscritto davanti ad un notaio un atto pubblico con il quale Gemma Donati veniva promessa in sposa a Dante Alighieri.
La cosa che ci stupisce non è il matrimonio combinato, ma il fatto che questo fosse il risultato ultimo di un lungo percorso iniziato quando gli sposi erano in tenera età e portato avanti negli anni. Il matrimonio vero e proprio sarà celebrato sei anni più tardi, quando i ragazzi avevano diciotto e quattordici anni.
Gemma e Dante vissero un matrimonio felice? Non lo sappiamo.
Sicuramente non fu un matrimonio d’amore, ma può essere che i due sposi nel corso degli anni abbiamo sviluppato un sentimento di affetto e stima reciproca, cosa non rara all’epoca.
Dopo il colpo di stato del novembre 1301, i guelfi Neri proclamarono severe condanne nei confronti dei Bianchi, soprattutto tra quei membri della fazione che avevano ricoperto cariche politiche. Dante rientrò tra questi, venne quindi dichiarato colpevole di vari crimini e condannato all’esilio.
Come reagì Gemma?
La situazione stava precipitando e la moglie pensò a salvare il salvabile, sapendo che di lì a breve la loro casa sarebbe stata brutalmente saccheggiata. Raccolse quindi le cose più preziose della famiglia in un forziere che portò in un luogo sicuro. In questi momenti drammatici entrò sicuramente in gioco la protezione delle famiglie di Tana e della stessa Gemma.
Proprio un figlio di Tana, Bernardo, era frate francescano a Santa Croce e non avrebbe avuto problemi a custodire i beni di famiglia in un luogo sicuro, almeno fino a quando non si fossero calmate le acque.
Ma perché Gemma non seguì il marito in esilio?

La risposta è abbastanza semplice. La donna era pur sempre una Donati, cioè parente di chi in quel momento deteneva il potere in città, quindi non correva alcun pericolo. Inoltre, la scelta di seguire Dante in esilio avrebbe comportato una serie di complicazioni economiche: se infatti un uomo solo avrebbe potuto trovare ospitalità presso qualche corte, la cosa si sarebbe rivelata molto più difficile per un intero nucleo familiare, tanto più che i figli erano molto piccoli.
Dante riuscì mai a ricongiungersi con la famiglia?
Anche questo non lo sappiamo. È certo, però, che nel 1302 il Comune di Firenze ordinò di cacciare dalla città le mogli dei condannati e i figli di età superiore a quattordici anni.
Sembra che la famiglia sia stata ospitata in qualche proprietà dei Riccomanni o degli stessi Donati fuori città. Non è escluso che, nel lungo vagabondare di Dante durante l’esilio, i due possano essersi ricongiunti.
Secondo gli storici, il ricongiungimento con i figli potrebbe essere avvenuto nel 1318 a Ravenna, quando Dante era ospite di Guido Novello da Polenta.
Le donne di Dante Alighieri: la figlia Antonia

Dal matrimonio tra Dante e Gemma nacquero quattro figli: Giovanni, Pietro, Jacopo e Antonia. Dopo il già accennato provvedimento del Comune di Firenze del 1302, è probabile che i figli maschi di Dante abbiano raggiunto il padre al compimento del quattordicesimo anno di età, quando cioè erano soggetti ad espulsione. Ma la legge non si applicava alle figlie femmine, quindi sembra che Antonia sia rimasta in città.
Giovanni morì probabilmente molto giovane, ma Pietro e Jacopo devono aver nutrito una vera e propria venerazione per il padre, tanto che entrambi furono tra i primi a diffondere le opere paterne: Jacopo scrisse infatti un commento in volgare all’Inferno, mentre Pietro firmò un dettagliato commento a tutta la Divina Commedia.
Antonia non lasciò molte tracce dietro di sé, ma forse una cosa la sappiamo: si fece monaca nel monastero di Santo Stefano degli Ulivi a Ravenna con il nome di… Beatrice.
Sicuramente un atto di omaggio e ammirazione nei confronti del padre verso una donna ideale che deve aver avuto un certo ruolo nelle conversazioni familiari.
Secondo alcuni storici, invece, Beatrice e Antonia sarebbero due persone distinte, quindi Dante avrebbe avuto ben due figlie femmine. In questo caso, a maggior ragione, si pone il quesito: come avrà reagito Gemma alla volontà del marito di chiamare la figlia proprio Beatrice? D’accordo, la bella Bice era morta ormai da anni, ma evidentemente continuava ad aleggiare come un fantasma nella routine familiare.
Le donne di Dante Alighieri: Beatrice Portinari detta Bice

La famiglia di Folco Portinari, padre di Beatrice, risiedeva nello stesso quartiere di Dante a Firenze. Secondo quanto racconta Dante nel secondo capitolo della Vita Nova, avrebbe incontrato per la prima volta Beatrice all’età di nove anni.
Nove fiate già appresso lo mio nascimento era tornato lo cielo de la luce quasi a uno medesimo punto, quanto a la sua propria girazione.
Era la primavera del 1274 e Dante partecipò con il padre ad una riunione in casa di Folco Portinari, suo vicino di casa. La bambina apparve al piccolo Dante come in una visione, bellissima in un vestitino rosso “sanguigno”.
Apparve vestita di nobilissimo colore, umile e onesto, sanguigno, cinta e ornata a la guisa che a la sua giovanissima etade si convenia.
In quel preciso istante Dante si innamorò di Beatrice, un amore ideale che non venne più alimentato per i successivi nove anni, perché i due ragazzi non ebbero più modo di rivedersi.
Finalmente, quando avevano entrambi diciotto anni, si incontrano casualmente per strada, ma la situazione era molto mutata rispetto alla prima volta.
Beatrice, infatti, era già sposata con il cavaliere Simone dei Bardi, la cui famiglia commissionerà a Giotto gli affreschi dell’omonima cappella nella chiesa di Santa Croce (1325-30). I Bardi erano titolari di una delle maggiori compagnie bancarie di Firenze e grazie a questo matrimonio Beatrice entrò a far parte di una famiglia d’élite nel panorama fiorentino.

Durante quell’incontro, a nove anni di distanza, Beatrice riconobbe Dante e lo salutò. Lui toccò il cielo con un dito.
Poi che fuoro passati tanti die, che appunto erano compiuti li nove anni appresso l’apparimento soprascritto di questa gentilissima, ne l’ultimo di questi die avvenne che questa mirabile donna apparve a me vestita di colore bianchissimo, in mezzo a due gentili donne, le quali erano di più lunga etade; e passando per una via, volse li occhi verso quella parte ov’io era molto pauroso, e per la sua ineffabile cortesia, la quale è oggi meritata nel grande secolo, mi salutoe molto virtuosamente, tanto che me parve allora vedere tutti li termini de la beatitudine
Una volta tornato a casa, Dante ripensò all’incontro e, dopo un po’, si addormentò. Fece un sogno inquietante: Beatrice gli apparve avvolta in un drappo rosso tra le braccia di Amore, che con un’aria minacciosa gli disse: “Io sono il tuo padrone”
E pensando di lei, mi sopragiunse uno soave sonno, ne lo quale m’apparve una maravigliosa visione: che me parea vedere ne la mia camera una nebula di colore di fuoco, dentro a la quale io discernea una figura d’uno segnore di pauroso aspetto a chi la guardasse; e pareami con tanta letizia, quanto a sé, che mirabile cosa era; e ne le sue parole dicea molte cose, le quali io non intendea se non poche; tra le quali intendea queste: “Ego dominus tuus“.
Amore teneva in mano un cuore in fiamme e si rivolse a Dante dicendogli: “Questo è il tuo cuore”. Poi svegliò Beatrice e le fece mangiare il cuore di Dante.
E ne l’una de le mani mi parea che questi tenesse una cosa la quale ardesse tutta, e pareami che mi dicesse queste parole: “Vide cor tuum“.
E quando elli era stato alquanto, pareami che disvegliasse questa che dormia; e tanto si sforzava per suo ingegno, che le facea mangiare questa cosa che in mano li ardea, la quale ella mangiava dubitosamente.
l sogno si concluse con Amore che si allontana verso il cielo.
Che significato ha questo terribile sogno?
Il messaggio sembra chiaro: Dante innamorato (cuore in fiamme) appare vittima dell’amore di Beatrice (lei gli mangia il cuore). Una visione drammatica del sentimento amoroso, che però Dante abbandonerà nella Divina Commedia, dove Beatrice rivestirà un ruolo molto più rassicurante.
Conoscevate la storia delle donne di Dante? Quale vi piace di più?
Confesso che io ho molta ammirazione per Gemma, che si trova da sola con quattro bambini piccoli a fronteggiare una situazione di violenza e caos assoluta in una città diventata improvvisamente ostile.
Se invece volete approfondire la conoscenza di Dante in esilio, potete iscrivervi al tour su “La Vicenza di Dante Alighieri”, perché il sommo poeta ha lasciato traccia di sé anche in città. 🙂
Fonti:
Alessandro Barbero “Dante”, Editori Laterza, 2020
Marco Santagata “Le donne di Dante”, Il Mulino, 2020
Dante Alighieri “Vita Nova”, 1295

Guida Turistica di Vicenza abilitata dal 2006.
Alla perenne ricerca della bellezza declinata in Arte e Architettura, amo divulgare quello che ho appreso in anni di esperienza.